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Hooverphonic: "Bentornati nel pop degli Anni 60"
11:05 lunedì, 18 marzo 2019
Hooverphonic: "Bentornati nel pop degli Anni 60"

11:05 lunedì, 18 marzo 2019

«Viviamo l’era di Spotify. Ed è come se fossero tornati gli Anni Sessanta». Come, prego? «Sì, è proprio così. Come all'ora, anche oggi ad essere trainanti sono i singoli. Uno via l’altro, un tempo andavano a formare gli album. Adesso compongono le playlist». È una visione interessante quella che propone Alex Callier, leader degli Hooverphonic, caleidoscopica band belga che sabato 23 marzopresenta alla Latteria Molloy di Brescia l’album «Looking for Stars», uscito lo scorso anno.

Il concerto nel club di via Ducos inizia alle 22. I biglietti sono ormai tutti esauriti. È un concerto «di peso».

Gli Hooverphonic hanno all’attivo 10 dischi tra trip hop, indie-rock, dream-pop e shoegaze. Il primo è del 1996; il terzo («The Magnificent Tree», del 2000) fu trainato da«Mad About You», che divenne una hit planetaria.

Abbiamo chiacchierato con Callier. Da Spotify ai talent-show, un altro fattore dominante nell’industria musicale di oggi: avete scelto la vostra cantante Luka Cruysberghs, la sesta voce a far parte della line-up dal 1995 a oggi, dopo la sua vittoria alla versione belga di The Voice.

Come è andata? Ero il suo coach nel corso del programma. Per prima cosa, a differenza delle altre declinazioni del format nel mondo, The Voice van Vlaanderen ha un gusto meno commerciale. Ai concorrenti vengono proposte anche canzoni di generi di nicchia. Brani raffinati. Per farla breve, Luka vince e, in qualità di suo tutor, mi ritrovo a doverle proporre qualche singolo affinché possa cominciare la propria carriera solista. Lei sente «Romantic» e se ne innamora. Le dico: «Ferma, questa va nel prossimo disco della mia band». Lei risponde: «Ok, vorrà dire che sarò la prossima cantante degli Hooverphonic».

A proposito di trip hop. Lo scorso anno «Mezzanine» dei Massive Attack ha compiuto 20 anni. Se ne è fatto un gran parlare. S’è detto che il trip hop è un genere quanto mai attuale. Concorda? Sì, il trip hop è tra noi. È una musica dai tempi lenti, oscura, molto visuale e un po’ lunatica. Credo possa fotografare bene l’epoca moderna. Non per nulla, molti artisti propongono ancora questo genere, magari rivisitato e aggiornato. Quando arrivò sulle televisioni italiane il video di «Mad About You» si ebbe una strana sensazione. Una melodia ultra-pop si combinava con immagini e atmosfere magiche, ma pure in grado di suscitare una certa ansia.

In «Looking for Stars» c’è qualcosa di simile? Senz’altro. Penso, ad esempio, al brano «Paranoid Affair». Lento, scuro, cinematografico, ti porta in un altro universo. Ma non c’è solo questo feeling. Mi piace pensare a un disco come a una casa in cui ogni canzone è una stanza diversa. Ci sono camere nella penombra e altre con un taglio di luce differente, e poi ci sono le terrazze che si aprono ai raggi del sole.